La riforma auspicata dal Dalai Lama, che ha scelto di concentrarsi sulla sua attività spirituale lasciando le
responsabilità politiche a una personalità eletta, ha cominciato a prendere forma oggi con l'annuncio dell'elezione di Lobsang Sangay, giurista e ricercatore dell'Università di Harvard, quale nuovo primo ministro (Kalon Tripa) del governo tibetano in esilio. Sangay ha infatti vinto le elezioni a suffragio diretto organizzate il 20 marzo scorso, succedendo a Samdhong Rimpoche e diventando così il terzo primo ministro ad assumere l'incarico da quando nel 2001 è stato introdotto questo metodo di consultazione democratica.
Il neo eletto premier, che ha 43 anni, ha superato altri due aspiranti alla carica ottenendo il 55% dei 49.189 voti espressi in oltre 30 paesi (sui 83.399 registrati), e superando agevolmente Tethong Tezin Namgyal, laureato della Standford University, e Tashi Wangdi, rappresentante tibetano a Bruxelles, New Delhi e New York. Annunciando questo risultato a Dharamsala, dove ha sede il governo tibetano in esilio, il capo della Commissione elettorale, Jamphel Chosang, ha sottolineato che «dopo la decisione formalizzata in marzo del Dalai Lama di rinunciare al suo ruolo di guida politica, la consultazione per l'elezione del nuovo capo del governo ha assunto una portata storica». Inoltre, hanno notato gli analisti, è la prima volta che sulla scena dell'esilio tibetano, affollata finora di personalità religiose in età spesso avanzata, si propone la figura di giovane manager formatosi negli Stati Uniti. Nella prima reazione dopo aver appreso i risultati del voto, Sabgay ha detto fra l'altro: «Il vostro ampio sostegno è emozionante, ed io farò quanto mi è possibile per non deludere le vostre aspettative». «Rivolgo un appello - ha concluso - a tutti i tibetani ed agli amici del Tibet ad unirsi a me nello sforzo comune per alleviare le sofferenze dei tibetani nel Tibet occupato e per permettere il
ritorno di Sua Santità nel posto a cui ha diritto: il Palazzo di Potala». Nato a Darjeeling (Stato indiano del West Bengala) nel 1968, Sabgay non ha mai visitato il Tibet ed in una recente intervista si è detto convinto della bontà della strategia della «via di mezzo» propugnata dal Dalai Lama. Ossia il raggiungimento di una autonomia del Tibet all'interno della Cina, piuttosto che una vera e propria indipendenza.
responsabilità politiche a una personalità eletta, ha cominciato a prendere forma oggi con l'annuncio dell'elezione di Lobsang Sangay, giurista e ricercatore dell'Università di Harvard, quale nuovo primo ministro (Kalon Tripa) del governo tibetano in esilio. Sangay ha infatti vinto le elezioni a suffragio diretto organizzate il 20 marzo scorso, succedendo a Samdhong Rimpoche e diventando così il terzo primo ministro ad assumere l'incarico da quando nel 2001 è stato introdotto questo metodo di consultazione democratica.
Il neo eletto premier, che ha 43 anni, ha superato altri due aspiranti alla carica ottenendo il 55% dei 49.189 voti espressi in oltre 30 paesi (sui 83.399 registrati), e superando agevolmente Tethong Tezin Namgyal, laureato della Standford University, e Tashi Wangdi, rappresentante tibetano a Bruxelles, New Delhi e New York. Annunciando questo risultato a Dharamsala, dove ha sede il governo tibetano in esilio, il capo della Commissione elettorale, Jamphel Chosang, ha sottolineato che «dopo la decisione formalizzata in marzo del Dalai Lama di rinunciare al suo ruolo di guida politica, la consultazione per l'elezione del nuovo capo del governo ha assunto una portata storica». Inoltre, hanno notato gli analisti, è la prima volta che sulla scena dell'esilio tibetano, affollata finora di personalità religiose in età spesso avanzata, si propone la figura di giovane manager formatosi negli Stati Uniti. Nella prima reazione dopo aver appreso i risultati del voto, Sabgay ha detto fra l'altro: «Il vostro ampio sostegno è emozionante, ed io farò quanto mi è possibile per non deludere le vostre aspettative». «Rivolgo un appello - ha concluso - a tutti i tibetani ed agli amici del Tibet ad unirsi a me nello sforzo comune per alleviare le sofferenze dei tibetani nel Tibet occupato e per permettere il
ritorno di Sua Santità nel posto a cui ha diritto: il Palazzo di Potala». Nato a Darjeeling (Stato indiano del West Bengala) nel 1968, Sabgay non ha mai visitato il Tibet ed in una recente intervista si è detto convinto della bontà della strategia della «via di mezzo» propugnata dal Dalai Lama. Ossia il raggiungimento di una autonomia del Tibet all'interno della Cina, piuttosto che una vera e propria indipendenza.
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