mercoledì 8 dicembre 2010

Le autorità cinesi hanno lanciato una nuova ondata di arresti di dissidenti

Le autorità cinesi hanno lanciato una nuova ondata di arresti di dissidenti e critici del governo a due giorni
dalla cerimonia nella quale il Premio Nobel per la Pace 2010 dovrebbe essere consegnato al dissidente Liu Xiaobo, che sta scontando una condanna a undici anni di prigione. Il Southern Mongolian Human Rights Information Centre, che ha i suoi uffici a New York, ha denunciato in un comunicato che la moglie e il figlio di un nazionalista mongolo detenuto sono stati fermati dalla polizia a Hothot, capitale della Mongolia Interna. Il dissidente mongolo, Hada, dovrebbe essere rilasciato dopo aver scontato 15 anni di prigione venerdì 10, il giorno nel quale si terrà a Oslo la cerimonia in onore di Liu Xiaobo, alla quale prenderanno parte una quarantina di esuli cinesi. l gruppo umanitario Human Rights Watch (HRW) afferma in un comunicato che «un utente di Internet, Mou Yanxi, è stato condannato a due anni in un campo di lavoro per aver diffuso sul sito web Twitter un messaggio di solidarietà con Liu Xiaobo». «Un altro, Dai Dongping, è stato accusato di crimini contro la sicurezza dello Stato per aver diffuso su Internet una foto dell'occupazione da parte degli studenti di piazza Tiananmen, nel 1989», prosegue HRW. Amnesty International (AI) infine sostiene che a più di 200 persone, tra le quali l'artista Ai Weiwei e l'avvocato Mo Shaoping, è stato proibito di lasciare la Cina per impedire loro di partecipare alla cerimonia di Oslo. Una quarantina di dissidenti tra cui la moglie del Premio Nobel Liu Xia sono agli arresti domicilari da due mesi.

I Nobel che disturbano i governi

Nobel per la pace, o meglio contro l'oppressione. Il riconoscimento al dissidente cinese Liu Xiaobo, che Pechino ha definito «un'oscenità», non è stato il primo premio ad irritare un governo per l'esplicita volontà del Comitato norvegese di accendere i riflettori sulla violazione dei diritti umani in un determinato Paese: dal Dalai Lama ad Aung San Suu Kyi, all'iraniana Shirin Ebadi, premiati per il loro impegno e le loro azioni non violente in favore della libertà e dei diritti dell'uomo, fondamenti della pace tra le nazioni. Anche nel 1989 al Nobel conferito al Dalai Lama, leader spirituale dei buddhisti del Tibet, per la sua ricerca di «soluzioni
di pace» in difesa «dell'eredità storica e culturale del suo popolo», la risposta della Cina non si fece attendere: Pechino definì il premio frutto di «un complotto dell'Occidente» e accusò il Comitato di «interferire deliberatamente negli affari interni della Cina». Ancora oggi il Dalai Lama, che vive in esilio in India, viaggia per il mondo occidentale per promuovere la causa dei tibetani, ed è diventato il simbolo della lotta per l'autodeterminazione dei popoli. Fu invece accolto nel silenzio della giunta militare birmana, il Nobel conferito nel 1991 ad Aung San Suu Kyi, la leader del movimento di opposizione 'Lega per la Democrazia', all'epoca già agli arresti domiciliari da due anni, e tornata alla libertà solo qualche settimana fa. Oslo riconobbe «il suo impegno per la democrazia» e il suo «coraggio civile» con cui «con metodi pacifici combatte contro un regime caratterizzato dalla brutalità «. Ambigua invece la reazione di Teheran al premio Nobel alla giurista iraniana Shirin Ebadi, nel 2003 (l'anno in cui il mondo si aspettava il premio a Giovanni Paolo II), salutato dalle inattese «congratulazioni» del governo riformista di Mohammad Khatami, dettate forse più da un orgoglio nazionalistico che da un reale riconoscimento dei suoi meriti. Il regime degli ayatollah sottolineava infatti «l'onore per la comunità delle donne iraniane e delle donne musulmane», esprimendo la speranza che le opinioni della militante per i diritti umani «soprattutto in difesa di donne e bambini siano prese in considerazione all'interno come al di fuori dell'Iran».Da allora però Ebadi ha denunciato di subire minacce e
persecuzioni, anche dalle autorità iraniane, ma è sempre rimasta in prima fila per difendere i diritti umani, al fianco dei manifestanti anti-Ahmadinejad o di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna condannata prima alla lapidazione poi all'impiccagione.

L'India parteciperà alla cerimonia di consegna del Nobel per la pace: il Nepal no

L'India ha confermato oggi la sua partecipazione alla cerimonia di consegna del premio Nobel per la
pace al dissidente cinese Liu Xiabao prevista a Oslo per venerdì prossimo. A causa delle pressioni della Cina, il governo indiano aveva tenuto in sospeso la sua decisione. Una fonte ufficiale ha detto oggi all'agenzia di stampa Pti che «non è una questione di discussione bilaterale con Pechino». È da tenere presente che la prossima settimana arriverà nella capitale indiana il premier cinese Wen Jiabao per una visita ufficiale di tre giorni. L'India si unisce quindi ai 44 Paesi che hanno accettato l'invito del comitato norvegese. La sua presenza sarà «allo stesso livello diplomatico delle altre cerimonie» precisa la fonte. Con il Nepal, che ha annunciato oggi la sua assenza, sono invece 20 i Paesi che hanno deciso di boicottare la consegna del prestigioso premio.

Haiti: il colera viene dai caschi blu nepalesi?

L'epidemia di colera ad Haiti sarebbe partita da un accampamento di caschi blu Onu in Nepal. Lo rendono noto fonti vicine a un rapporto che e' stato consegnato al ministero degli Esteri francese. Gli esperti avrebbero "localizzato molto precisamente" il luogo da cui sarebbe partito il contagio a Mirebalais, vicino il fiume Artibonite. Il rapporto e' stato stilato dal professore francese Renaud Piarroux, epidemologo inviato in missione a Haiti dalla Francia su richiesta del ministero haitiano della Sanita'.
Oggi però l'esercito nepalese ha reagito affermando che non ci sono prove che deterinerebbero le accuse.

martedì 7 dicembre 2010

La straordinaria storia della Principessa di Gungtang

E' uscito in questi giorni il romanzo La straordinaria storia della Principessa di Gungtang che narra la vita della Principessa Gyalmo, nata a Gungtang, cittadina del Tibet centro-occidentale, nel 1422, discendente degli antichi imperatori del Tibet e fondatrice di una delle rarissime linee di reincarnazione femminili. La sua storia, umana per sentimenti e passioni, eccezionale per i suoi rapporti con il divino, si trova delineata in un manoscritto, ritenuto scomparso, che recentemente è tornato alla luce. Sulla traccia degli eventi storici descritti con straordinaria vivacità e ricchezza di dettagli, la presente narrazione conduce il lettore in un mondo misterioso, tra complotti di regnanti, ascetismo monastico, pellegrinaggi, pratiche tantriche, ed offre una visione affascinante di quello che doveva essere il Tibet nel quindicesimo secolo.

http://www.alpinestudio.it/

lunedì 6 dicembre 2010

Incendio a Ganze nella provincia autonoma del Tibet

Ci sono volute più di 24 ore per spegnere un pauroso incendio che ha colpito un altopiano nella provincia
sudoccidentale del Sichuan, che ha fatto 22 morti e quattro feriti, due dei quali in gravi condizioni. L'incendio è scoppiato ieri intorno alle 12.00 nella prefettura di Garze, nella provincia autonoma del Tibet, al confine con il Sichuan. Tre ore dopo, le brigate dei vigili del fuoco accorsi sul posto, erano riusciti a spegnere la maggior parte dell'incendio, ma i tizzoni, alimentati dal forte vento sono stati trasportati in un'altra area non lontana, circondando gli stessi pompieri e alcuni residenti. Sono 15 i vigili del fuoco che hanno perso la vita, cinque i residenti e due le guardie forestali. Tutti sono stati colti di sorpresa, dal momento che fronteggiavano il fuoco che invece, in pochissimo tempo, li ha circondati non dando loro scampo. I residenti sono stati allontanati per evitare che le fiamme facessero altre vittime. I vigili del fuoco non hanno potuto raggiungere con i loro mezzi l'area interessata dall'incendio, ed hanno dovuto arrivarci a piedi. Non si conoscono ancora le cause del primo incendio.

Ogni tanto..anche gli elefanti incrociano le zanne

Decine di elefanti con i loro addestratori hanno bloccato oggi le strade di un famoso parco naturale nel sud del Nepal per chiedere un aumento di salario. Lo riferisce l'agenzia di stampa indiana Ians.

La singolare dimostrazione, sostenuta dal partito maoista, è avvenuta a Sauraha, nei pressi della riserva di Chitwan, popolare meta turistica e famosa per i safari con gli elefanti. I "mahout" hanno formato un blocco stradale impedendo l'accesso alle jeep dei visitatori.

Secondo Sukh Bahadur Kumar, presidente della Nepal Mahout Association, i "conducenti" degli animali chiedono un migliore trattamento economico agli albergatori per cui lavorano, che comprende un aumento salariale, ferie pagate, una polizza assicurativa e anche nuove uniformi.

I pachidermi sono infatti una importante risorsa turistica per questa regione dove ogni anno, dal l982, si tiene un torneo internazionale di polo su elefante che sì è concluso sabato.

Accordo discutibile fra Nepal e Cina

Il Nepal e la Cina hanno stretto un accordo per prevenire la fuga dei tibetani in Nepal e "controllare le frequenti proteste contro Pechino". Lo scrivono i media nepalesi rilanciati da Ong pro Tibet.

Nell'intesa di 13 punti raggiunta a Chautara, in Nepal, vicino al confine tibetano, Pechino e Kathmandu si sono impegnati a "restringere l'ingresso dei tibetani in Nepal e sistemare la distribuzione delle carte di ingresso".

In Nepal vivono circa 20.000 esuli tibetani e a Kathmandu si sono viste molte manifestazioni contro l'occupazione cinese, bloccate dalla polizia nepalese. La stessa polizia, ha anche bloccato attivisti tibetani in Nepal nelle loro case, per impedire loro di prendere parte alle manifestazioni. Ogni anno, migliaia di tibetani, sia religiosi che civili, scappano dal loro paese e, attraverso il Nepal, cercano di raggiungere l'India, anche se spesso molti restano nel paese himalayano.

Il governo nepalese, in un tentativo di non inimicarsi il vicino cinese, ha spesso consegnato alle autorità di Pechino, esuli in fuga, attirandosi le critiche internazionali. Il mese scorso, il governo cinese ha offerto un corso di addestramento a Pechino per reparti speciali della polizia nepalese
sulla gestione delle manifestazioni, proprio nel tentativo di bloccare proteste di piazza contro la politica di Pechino in Tibet.


Nel 2009, per la prima volta nella sua storia, il governo di Kathmandu ha annunciato la sua decisione di aumentare la sorveglianza sul suo confine con il Tibet, proprio dietro pressioni
della Cina.


Il Nepal, storicamente, ha sempre assicurato agli esuli tibetani un passaggio attraverso il suo territorio, anche dietro un accordo informale con l'agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite raggiunto nel 1989, quando Kathmandu smise di dare ai tibetani lo status di rifugiato, assicurando loro il passaggio attraverso il Nepal verso l'India.