Una fondazione cinese e il governo nepalese stanno progettando di trasformare il villaggio natale del Buddha,
nel Nepal meridionale, in un santuario per i buddhisti di tutto il mondo paragonabile alla Mecca per i musulmani o al Vaticano per i cattolici. Lo ha affermato Xiao Wunan, vicepresidente della Asia Pacific Exchange and Cooperation Foundation, il cui piano prevede di raccogliere in Cina e all'estero tre miliardi di dollari per costruire a Lumbini, 170 km a sud della capitale Kathmandu, un aeroporto internazionale, un' autostrada, alberghi, ristoranti e un'Università buddhista. Si ritiene che il principe Siddharta Gautama, diventato poi il Buddha, sia nato 2600 anni fa in questo villaggio nei pressi della frontiera con l' India. Xiao ha negato che ci siano motivi politici dietro all'iniziativa, come sostenuto da alcuni commentatori indiani, che temono «l'accerchiamento» da parte di alleati della Cina. Il Nepal - che continua a trovarsi in una situazione politica instabile nella quale hanno un grande peso i maoisti, che sono il principale partito del Parlamento - è uno di questi. Pechino intrattiene buone relazioni con altri Paesi vicini all'India, come lo Sri Lanka, il Bangladesh e la Birmania, che non vedono di buon occhio l'emergere dell'India come potenza dominante della regione. Al contrario, ha affermato l' esponente cinese, la Fondazione ha proposto a New Delhi di collaborare per sviluppare Bodh Gaya, il paese dell'India orientale nel quale si ritiene che il principe Siddharta abbia avuto «l'illuminazione» trasformandosi nel Buddha, e Kushinagar, dove è morto. In Cina il buddhismo, come le altre principali religioni, ha conosciuto un momento difficile negli anni della Rivoluzione Culturale (che ufficialmente si è conclusa nel 1976) ma negli ultimi dieci anni, con la relativa liberalizzazione della Cina, ha avuto un revival straordinario. Oggi si ritiene che i seguaci cinesi del Buddha siano circa 500milioni. La Costituzione cinese garantisce la libertà di religione ma il governo esercita uno stretto controllo sulle gerarchie religiose attraverso l' Ufficio per gli affari religiosi, che si riserva l' ultima parola in tutte le questioni che riguardano le religioni, inclusa la scelta delle reincarnazioni dei «grandi lama» buddhisti.
Per quanto riguarda il buddhismo, Pechino teme soprattutto il Dalai Lama, il leader tibetano in esilio che chiede una «vera» autonomia per il Tibet e che ha mantenuto una forte influenza sui buddhisti tibetani e su buona parte di quelli cinesi. Dopo l'India, il Nepal è il Paese che ospita il maggior numero di profughi tibetani. La Campagna Internazionale per il Tibet, un gruppo fedele al Dalai Lama, ha accusato il governo di Kathmandu di aver ceduto alle pressioni cinesi limitando la libertà di movimento dei tibetani in Nepal mettendo a rischio «la legalità e le istituzioni democratiche» del Paese.
nel Nepal meridionale, in un santuario per i buddhisti di tutto il mondo paragonabile alla Mecca per i musulmani o al Vaticano per i cattolici. Lo ha affermato Xiao Wunan, vicepresidente della Asia Pacific Exchange and Cooperation Foundation, il cui piano prevede di raccogliere in Cina e all'estero tre miliardi di dollari per costruire a Lumbini, 170 km a sud della capitale Kathmandu, un aeroporto internazionale, un' autostrada, alberghi, ristoranti e un'Università buddhista. Si ritiene che il principe Siddharta Gautama, diventato poi il Buddha, sia nato 2600 anni fa in questo villaggio nei pressi della frontiera con l' India. Xiao ha negato che ci siano motivi politici dietro all'iniziativa, come sostenuto da alcuni commentatori indiani, che temono «l'accerchiamento» da parte di alleati della Cina. Il Nepal - che continua a trovarsi in una situazione politica instabile nella quale hanno un grande peso i maoisti, che sono il principale partito del Parlamento - è uno di questi. Pechino intrattiene buone relazioni con altri Paesi vicini all'India, come lo Sri Lanka, il Bangladesh e la Birmania, che non vedono di buon occhio l'emergere dell'India come potenza dominante della regione. Al contrario, ha affermato l' esponente cinese, la Fondazione ha proposto a New Delhi di collaborare per sviluppare Bodh Gaya, il paese dell'India orientale nel quale si ritiene che il principe Siddharta abbia avuto «l'illuminazione» trasformandosi nel Buddha, e Kushinagar, dove è morto. In Cina il buddhismo, come le altre principali religioni, ha conosciuto un momento difficile negli anni della Rivoluzione Culturale (che ufficialmente si è conclusa nel 1976) ma negli ultimi dieci anni, con la relativa liberalizzazione della Cina, ha avuto un revival straordinario. Oggi si ritiene che i seguaci cinesi del Buddha siano circa 500milioni. La Costituzione cinese garantisce la libertà di religione ma il governo esercita uno stretto controllo sulle gerarchie religiose attraverso l' Ufficio per gli affari religiosi, che si riserva l' ultima parola in tutte le questioni che riguardano le religioni, inclusa la scelta delle reincarnazioni dei «grandi lama» buddhisti.
Per quanto riguarda il buddhismo, Pechino teme soprattutto il Dalai Lama, il leader tibetano in esilio che chiede una «vera» autonomia per il Tibet e che ha mantenuto una forte influenza sui buddhisti tibetani e su buona parte di quelli cinesi. Dopo l'India, il Nepal è il Paese che ospita il maggior numero di profughi tibetani. La Campagna Internazionale per il Tibet, un gruppo fedele al Dalai Lama, ha accusato il governo di Kathmandu di aver ceduto alle pressioni cinesi limitando la libertà di movimento dei tibetani in Nepal mettendo a rischio «la legalità e le istituzioni democratiche» del Paese.
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